Una nuova revisione della letteratura aiuta a capire meglio come una moderata assunzione di alcool possa essere salutare. Anche in chetosi.
Di Marco Marchetti
Premessa doverosa: l’abuso di alcool è sempre da scoraggiare, specialmente tra i più giovani.
Ciò detto non tutte le bevande alcoliche sono uguali tra loro. Come noto, l’alcool è rintracciabile, con diversa percentuale di volume e diversa origine, in tantissime bevande che fanno parte della dieta di popolazioni diverse e distanti tra loro tanto culturalmente quanto geograficamente.
Esistono bevande dal basso tenore alcolico, come la birra ad esempio, che è parte integrante nella comune alimentazione del nord europa, cosi come esistono bevande dall’alta gradazione alcolica che si rintracciano molto frequentemente nelle abitudini alimentari dell’Europa dell’est e della Russia.
Esiste il vino, di cui parleremo in modo più esteso, ed esistono bevande alcoliche ottenute dalla fermentazione di svariati alimenti diversi dall’uva come nel caso del sakè giapponese, ottenuto dal riso, o del sidro, originario della Francia e che si ottiene dalle mele.
Gli alcolici possono essere catalogati in bevande fermentate e bevande distillate. Tra le prime si rintracciano il vino, la birra ed il sidro, mentre le seconde possono, a loro volta, essere suddivise in superalcolici e liquori. Le bevande alcoliche hanno rivestito (e tuttora spesso rivestono) un ruolo sociale e talvolta religioso e sono sottoposte a regolamentazioni diverse che nel limitano, o meno, l’accesso in nazioni e culture differenti
L’alcool apporta un quantitativo calorico stimabile intorno alle 7KCal al grammo ed il contenuto alcolico delle bevande viene conteggiato in termini di volumi. Per questa motivazione il conteggio dell’apporto calorico di una bevanda alcolica può non risultare immediato. Ammettendo infatti che la bevanda non contenga residui zuccherini ed altri substrati energetici, per determinare l’apporto calorico della bevanda che stiamo assumendo è necessario conoscerne il tenore alcolico in percentuali di volume, ricordare che la densità dell’alcol è inferiore a quella dell’acqua (ha un valore di densità pari a 0,79) ed infine rapportare tutto alla quantità presente nel bicchiere o nella bottiglia. A conti fatti, normalmente, il mero apporto calorico della bevanda in questione, risulta quasi sempre inferiore rispetto alle attese. Non è questa comunque la motivazione che giustifica il titolo dell’articolo.
Una recente review: Moderate Wine Consumption and Health: A Narrative Review di Hrelia, Di Renzo et All, focalizzandosi sul vino, concentra l’attenzione non sul contenuto calorico, ma sull’origine e sulla composizione complessiva in termini di nutrienti della bevanda. Il vino è la bevanda alcolica probabilmente più diffusa al mondo. La sua produzione è stata migliorata nei secoli, inizia con la fermentazione dell’uva e, attraverso vari passaggi di affinamento e tempistiche di invecchiamento diverse, diventa una bevanda che, se assunta in moderata quantità ed inserita all’interno di una dieta più ampia, in funzione del suo potenziale apporto di sostanze dalle elevate qualità nutrizionali, può, essere di aiuto anche in caso di patologie cardiovascolari, neurologiche e diabete di tipo 2.
I ricercatori, grazie ad una attenta analisi della letteratura, hanno discriminato le varie bevande alcoliche e posto l’accento sul consumo di vino. Fattore determinate per la scelta è stata la concentrazione di polifenoli che si dimostra essere ragguardevole nel vino rosso, minore nel vino bianco e praticamente assenti nei superalcolici. Secondo i ricercatori l’assunzione del vino dovrebbe avvenire durante i pasti, esaltando la sua funzione sociale tipicamente mediterranea e garantendo, grazie alla contemporanea presenza del bolo alimentare, una positiva modulazione dell’assimilazione di alcool.
Stigmatizando l’abuso inoltre, è possibile affermare che la moderata presenza di alcool assunto durante un pasto già di se ricco di polifenoli possa essere utile anche per garantirne una maggiore biodisponibiltà degli stessi ed esaltandone quindi l’effetto.
Le stesse, identiche considerazioni possono essere applicate se la alimentazione è di tipo chetogenico.
Lo stato di chetosi nutrizionale infatti, pur essendo determinato da uno scarso intake di carboidrati può essere declinato in termini di qualità nutrizionale complessiva in modo estremamente diverso.
Se è vero infatti che esistono alimentazioni chetogeniche ricche di grassi saturi, magari anche trans, e con altissimi apporti di alimenti di origine animale, è altrettanto vero che possono essere scritte diete chetogeniche dalle elevatissime qualità nutrizionali e capacità antiossidanti e dall’invidiabile indice di adeguatezza mediterranea (MAI) in grado quindi di assicurare un notevole miglioramento dello stato di salute complessiva dell’individuo unendo le proprietà salutistiche tanto della alimentazione chetogenica, quanto della dieta mediterranea.
Alla luce della review analizzata, anche in questo tipo di diete chetogeniche è possibile assumere un moderato quantitativo di vino, in modo tale da poter garantire una miglior assimilazione degli antiossidanti presenti nella alimentazione, una protezione nei confronti di alcune patologie cronico degenerative ed una compliance maggiore del paziente nei confronti della dieta stessa.
Bere un bicchier di vino rosso, di qualità, all’interno di una dieta corretta è quindi possibile, e spesso, salutare. Lo dice, ora, anche la scienza.