Di Marco marchetti
Il termine “cellulite”, utilizzato erroneamente da un punto di vista scientifico, è entrato ormai nell’uso comune ed identifica un disturbo molto diffuso e peculiare del genere femminile.
Molto più correttamente, questo inestetismo dovrebbe essere chiamato lipodistrofia ginoide (GLD) o panniculopatia edemato-fibro-sclerotica (PEFS).
La cellulite non dipende dal peso corporeo, infatti può comparire anche in persone considerate magre, ma l’aumento di grasso ne enfatizza comunque la presenza.
Normalmente compare dopo la pubertà, tende a diventare cronica e peggiora con l’avanzare dell’età.
La cellulite ha il suo esordio in particolari distretti quali glutei e cosce dove la superficie cutanea assume il tipico aspetto a “buccia d’arancia”. Solo in un secondo tempo possono comparire depressioni più profonde e disomogenee, alternate ad aree irregolarmente rilevate che vengono definite “cute a materasso”. Negli stadi più avanzati può arrivare ad interessare anche altre regioni corporee, come l’addome e le braccia.
La cellulite può essere considerata una vera e propria patologia, caratterizzata da un’alterazione degli adipociti e del microcircolo, con formazione di nuove fibre di collagene, incremento di acido ialuronico e conseguente richiamo di acqua. Il conseguente ristagno di liquidi a sua volta comprime le strutture presenti e i vasi sanguigni, ostacolando ulteriormente la microcircolazione locale e gli scambi metabolici. In questo quadro generale, le fibre di collagene tendono a divenire più spesse ed a moltiplicarsi in modo non omogeneo, andando ad incapsulare gli adipociti degenerati, fino a formare dei noduli in un climax ascendente di inestetismi.
La cellulite è una patologia multifattoriale in cui convivono da una parte fattori predisponenti legati all’etnia, al sesso, al biotipo, ed alla familiarità, dall’altra fattori scatenanti come le terapie ormonali, uno stile di vita inadeguato, alcool, fumo e diete disordinate ricche di grassi e carboidrati.
Un ruolo fondamentale lo giocano comunque gli estrogeni, che possono favorire la ritenzione idrica ed il naturale deposito di cellule adipose in particolari zone del corpo, come glutei e cosce.
Le cause principali dello sviluppo della PEFS sono un microcircolo difettoso ed un accumulo di adiposità localizzata. Appare del tutto evidente come, accanto a dei trattamenti mirati, ad un maggior movimento, anche l’alimentazione possa giocare un ruolo determinante.
A questo proposito, per coadiuvare altre tipologie di interventi più o meno invasivi, da un punto di vista alimentare, un protocollo di chetosi fortemente ipocalorica (VLCKD) appare la terapia alimentare migliore per la risoluzione delle adiposità localizzate.
Questo tipo di trattamento (preferiamo riservare la definizione di dieta alla sua corretta etimologia greca) consiste, semplificando, nel privare il soggetto di ogni fonte glucidica somministrando, allo stesso tempo, una corretta e ben determinata quantità di proteine e lipidi. A questo proposito, preme sottolineare come la scelta della fonte proteica sia un passo fondamentale per la riuscita del protocollo poiché è destinata a mantenere la massa magra, mentre una oculata scelta di fonti lipidiche garantirà una dieta dalle elevate qualità nutrizionali. Il paziente, grazie alla privazione di zuccheri, al netto di alcuni disordini metabolici, entrerà in quel meccanismo assolutamente fisiologico definito chetosi dopo un periodo di tempo variabile ma compreso tra le 24 e le 72 ore. In chetosi il paziente inizierà a dimagrire, ossia a perdere peso perdendo grasso, senza avvertire fame grazie all’effetto fisiologicamente anoressizzante dei corpi chetonici. Come precedentemente sottolineato, in questo tipo di protocollo l’apporto proteico è necessario per il mantenimento della massa magra, l’apporto lipidico garantisce una qualità nutrizionale elevata e l’apporto calorico molto basso determina un vero dimagrimento, ossia una perdita di peso a carico esclusivo della massa grassa. Avremo cosi un duplice, importante, effetto sulla PEFS. Da una parte verranno ridotti gli accumuli adiposi, specialmente nelle zone maggiormente interessate dalla PEFS ossia quelle ormonodipendenti, dall’altra, aspetto ancora più importante, l’aumento della massa muscolare migliorerà sensibilmente il microcircolo degli arti inferiori grazie all’effetto di compressione esercitato sui vasi anche, semplicemente, camminando.
Un protocollo chetogenetico è semplice da seguire, sicuro, efficace e veloce ma necessita del supporto e delle indicazioni di uno specialista. Per massimizzare i risultati e ridurre al minimo gli effetti collaterali è doveroso calibrare gli apporti proteici sulla effettiva esigenza di ogni singolo paziente, così come è opportuno personalizzare le fonti lipidiche ed il conseguente apporto calorico.
Quando correttamente scritto e seguito, un protocollo di chetosi a basso tenore di calorie (VLCKD) può risultare determinante nel combattere la cellulite e garantire un reale dimagrimento del soggetto, poiché la perdita di peso avviene esclusivamente a carico della massa grassa. Perdere peso perdendo grasso determina una diminuzione del peso e, per effetto della scarsa densità della massa grassa, soprattutto una importante diminuzione del volume del paziente. Il paziente si vedrà, giorno dopo giorno, decisamente meno voluminoso, più “sgonfio”, tonico e tutto questo determinerà un grande vantaggio della compliance.
N.H. Marco dott. Marchetti
Ricercatore dip. Biomedicina e prevenzione
Università Tor Vergata Roma
Farmacista N. Ordine 11352
Giornalista Pubblicista N. Ordine 159009
Biologo Nutrizionista N.Ordine AA_078443