L’integrazione, anche se naturale, deve essere consigliata da un professionista esperto.
Di Marco Marchetti
Gli integratori, stando alla loro definizione, sono: “…prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive…”. Sono prodotti che devono essere utilizzati in particolari situazioni, ad esempio quando ci si trova di fronte ad una carenza oppure ad un aumentato fabbisogno di un nutriente.
Purtroppo la società moderna, sempre alla ricerca di uno stato di supersalute, spinge a ricorrere all’integrazione in modo sconsiderato e ciò spesso sfocia nell’abuso di integratori i quali, pur se di origine naturale, non sono innocui.
Fissiamo dei paletti.
Una dieta sana ed equilibrata, che garantisca l’assunzione di tutti i nutrienti nelle quantità necessarie ed adeguate al proprio stato di salute, rende l’uso di integrazione superfluo.
Gli integratori infatti devono essere utilizzati assecondando il senso etimologico del loro nome, devono cioè integrare eventuali carenze. Per determinare correttamente l’effettiva carenza e la conseguente necessità di integrazione c’è bisogno di rivolgersi ad un professionista.
Fondamentale è eseguire un’analisi approfondita della composizione corporea e dei valori ematici del paziente. Bisogna partire dalla valutazione dello stato patologico e nutrizionale di un soggetto per poter determinare eventuali carenze. Una volta accertato uno stato carenziale non è sufficiente integrare il nutriente mancante o insufficiente ma è indispensabile assumerlo all’interno di un piano alimentare ben definito e strutturato.
Una carenza di ferro, ad esempio, non può essere risolta con la semplice assunzione di complessi ferrosi.
Chiunque abbia assunto integratori a base di ferro sa bene che, dopo le prime compresse, le feci diventano irrimendiabilmente scure, a conferma del fatto che il problema non è tanto nell’intake di ferro ma nella sua assimilazione.
Molto più utile, una volta riscontrata una carenza, sarebbe indagare le abitudini alimentari del soggetto, non solo per quantificare l’effettivo intake di ferro, ma anche per valutare un possibile abuso di the, caffè, cacao o cioccolata. Questi alimenti infatti, grazie all’elevata presenza di tannini, hanno la capacità di diminuire l’assunzione intestinale del ferro.
Una integrazione di ferro inoltre andrebbe sempre accompagnata da un complesso riducente come la vitamina C, per aiutare l’assimilazione lavorando sul numero di ossidazione.
Un’atra carenza che in modo semplicistico si tenta di soddisfare con l’uso di integrazione, e talvolta di farmaci, è quella della vit D.
Aldilà della mera considerazione che la vit D, esattamente come le sue “sorelle” A, E e K, essendo liposolubile, può dare luogo a fenomeni di accumulo, sembra giusto ricordare che prima di somministrate alte dosi di questa vitamina bisognerebbe indagare la funzionalità epatica e renale. La vit D infatti assume la sua forma attiva dopo una lunga e complessa serie di passaggi che vedono le tappe fondamentali in due distinte idrossilazioni, che avvengono a livello epatico e renale.
Somministrare dei precursori o somministrare la forma mono o diidrossilata della vitamina è profondamente diverso e deve tener conto dello stato di salute dei due organi coinvolti nel processo di sintesi.
A margine di questo non va sottaciuto come la carenza generalizzata di vit D che si riscontra nella popolazione spesso è conseguenza di una dilagante obesità, intesa nella sua corretta accezione: eccesso di massa grassa.
La vit D, essendo liposolubile, si deposita nella massa grassa e una semplice dimagrimento può contribuire, attraverso svariate vie, all’innalzamento dei sui valori.
Anche l’integrazione di omega3 comporta dei problemi.
Questa famiglia di acidi grassi essenziali è contraddistinta dalla presenza di doppi legami che contribuiscono ad una maggiore fluidità del sangue e modulano lo stato infiammatorio attraverso complicate vie metaboliche. L’uso di integratori di queste molecole è frequentissimo ma l’integrazione di omega 3 può avere diversi risvolti negativi.
Proprio in funzione della presenza dei doppi legami queste molecole sono particolarmente soggette ad ossidazione. Se il maggior intake di omega 3 non venisse bilanciato da una dieta corretta oppure da una adeguata integrazione di antiossidanti, paradossalmente risulterebbe più nocivo che utile divenendo, esso stesso, substrato di ossidazione.
Anche i composti antiossidanti, a loro volta, devono essere adeguatamente valutati nel loro intake. Alcuni antiossidanti, in funzione della loro concentrazione, possono addirittura comportarsi da ossidanti.
Concludendo, possiamo affermare che l’uso corretto di integratori non può prescindere dal consiglio di un professionista esperto a cui è imprescindibile rivolgersi per migliorare il proprio sito di salute.