Con il termine Liposuzione alimentare si identifica un protocollo di chetosi a bassissimo apporto di calorie utilizzato per dimagrire
Di Marco Marchetti
Il termine Liposuzione alimentare è stato coniato da un gruppo di ricerca italiano agli inizi degli anni novanta ed identifica un protocollo di alimentare estremamente particolare.
Questo tipo di “dieta” (volutamente virgolettato poiché, a nostro avviso, si tratta di una terapia alimentare) è caratterizzato da un apporto di carboidrati estremamente ridotto in modo tale da innescare lo stato di chetosi, un apporto lipidico limitato per garantire un basso intake calorico per far perdere peso ed una durata fissa di tre settimane.
Attualmente, questo tipo di alimentazione, è la scelta di molti pazienti che, anche in auto-gestione, seguono gli innumerevoli piani alimentari presenti in rete allo scopo di dimagrire dopo le feste.
Dopo quasi 30 anni, ovviamente, la scienza e la ricerca hanno compiuto enormi passi avanti e lo stesso protocollo alimentare ha subito profonde rivisitazioni e migliorie alla luce delle evidenze scientifiche pubblicate.
Oggi, un protocollo di chetosi “moderno” non può prescindere dall’intervento di un nutrizionista poiché cambia letteralmente il paradigma della dieta.
Non si pensa più semplicemente a “togliere” alimenti, piuttosto a fornire nutrienti, e salute, all’interno di una dieta ipocalorica. È diverso.
Liposuzione alimentare 2.0 l’apporto proteico
Il primo, e più importante cambiamento, riguarda l’apporto proteico. In passato la quantità di proteine da somministrare era parametrata in modo matematico sul peso “ideale”.
Questo introito in moltissimi casi risultava insufficiente determinando malnutrizione proteica e conseguente effetto yo-yo. Vediamo insieme perchè.
Le proteine introdotte con l’alimentazione dovrebbero essere somministrate in quantità sufficiente a garantire un bilancio azotato in pareggio evitando la perdita di massa muscolare. È noto infatti come l’organismo di un soggetto che segue una dieta povera di proteine reagisca cannibalizzando la propria massa muscolare per sopperire alle carenze.
A questo proposito, giova ricordare come la massa muscolare sia il vero e proprio motore dell’organismo.
La sua ricchezza in mitocondri, infatti, garantisce un tasso di dispendio energetico notevole. Perdere massa muscolare si traduce, tra l’altro, in perdita di dipendo energetico e conseguente abbattimento di valore di metabolismo basale favorendo il già citato effetto yo-yo.
È quindi fondamentale calibrare con cura l’apporto proteico ma farlo utilizzando il peso ideale non è certo la soluzione migliore e spiace che questo metodo venga ancora utilizato.
Il peso ideale può essere definito come il peso di un soggetto quando il suo indice di massa corporea (BMI) è ricompreso tra i valori di normalità. Il BMI, a sua volta, è definito dal rapporto tra il peso e la statura elevata al quadrato ed ha una evidente criticità: non tiene in debita considerazione la composizione corporea.
Utilizzando esclusivamente questi parametri, due soggetti dallo steso peso ideale, ma dalla composizione corporea profondamente diversa come un obeso ed un culturista ad esempio, andrebbero ad assumere lo stesso quantitativo proteico e ciò risulta palesemente errato.
Recenti ricerche hanno stabilito con esattezza il quantitativo proteico necessario e sufficiente per mantenere la massa muscolare in un regime chetogenico ipocalorico come nel caso dello studio: Effects of a Personalized VLCKD on Body Composition and Resting Energy Expenditure in the Reversal of Diabetes to Prevent Complications di Romano et All dove tale apporto viene fissato intorno ai 2grammi ogni kg di massa magra misurata con idonea strumentazione.
Liposuzione alimentare 2.0 l’apporto lipidico
Anche l’apporto lipidico ha subito profonde rivisitazioni valutandone meglio l’origine poichè i lipidi giocano un ruolo determinate nel garantire elevata qualità nutrizionale a tutta la dietoterapia.
I grassi non sono uguali tra loro ed il corretto apporto deve essere determinato andando oltre il mero conteggio calorico. Scegliere tra un identico intake di acidi grassi saturi, mono-insaturi o poli-insaturi infatti determina profonde differenze in termini di salute sia sul medio che sul lungo periodo.
La scelta corretta non può prescindere da molteplici considerazioni ma è possibile affermare che un intake lipidico basato su mono e poli-insaturi garantisca qualità antinfiammatorie e salutistiche importanti.
La quantità di lipidi da somministrare è poi un’altra profonda differenza. Raggiungere importanti gap calorici, ad oggi, risulta essere meno importante rispetto al somministrare una dietoterapia salutare ed antinfiammatoria proprio grazie ad una oculata e ponderata scelta delle fonti lipdiche stesse.
È preferibile somministrare qualche KCal in più se ciò garantisce la stesura di una dieta, comunque ipocalorica ed efficace ma più corretta e salutare.
Liposuzione alimentare 2.0 la tempistica
La scrittura di una dietoterapia che, pur restando fortemente ipocalorica, tenga in debita considerazione la massa magra del soggetto attraverso la somministrazione di un adeguato quantitativo proteico, e possa vantare elevate proprietà antinfiammatorie, ha scardinato anche il limite temporale tassativo delle tre settimane.
Se il protocollo alimentare è scritto con cura, e risulta essere completo sotto tutti i punti di vista, non ha motivo di avere una durata temporale prefissata aprioristicamente.
Alla luce di tutte le considerazioni appena illustrate, risulta del tutto evidente che per poter scrivere un protocollo simile è impossibile ricorrere al fai da te. Troppe sono le conoscenze necessarie ed è imprescindibile anche far uso di una adeguata strumentazione per determinare gli apporti di nutrienti necessari.
Risulta quindi fondamentale il ricorso ad un professionista della nutrizione, qualificato, aggiornato e dotato di idonea strumentazione, unica figura, a nostro avviso in grado di redigere una dietoterapia che sia non solo chetogenica ed ipocalorica ma efficace e salutare. 2.0 appunto.