La chetosi nutrizionale, nella sua versione a bassissimo apporto di calorie, è una dietoterapia ampiamente utilizzata per perdere peso.
Di Marco Marchetti
La chetosi nutrizionale
La chetosi nutrizionale è uno stato fisiologico che si instaura in un organismo sano quando il suo introito di carboidrati scende al di sotto di un valore soglia, approssimativamente stimato intorno ai 50grammi die.
In effetti, esistono più stati di chetosi, ovvero esistono più condizioni che forzino l’organismo a cambiare substrato metabolico ed utilizzare grassi e proteine, al posto del glucosio, per ottenere l’energia di cui necessita.
Esiste infatti, una chetosi alimentare ed una chetosi patologica, tipica, ad esempio, del diabete.
Non bisogna confondere le due forme. La chetosi patologica è dovuta principalmente ad una cattiva, od assente, performance dell’insulina e può sfociare nella chetoacidosi diabetica, una condizione particolarmente grave in cui i valori ematici di corpi chetonici raggiungono concentrazioni elevate. Viceversa, in presenza di una corretta sintesi e performance dell’insulina, inducendo una chetosi alimentare attraverso uno scarso introito di carboidrati, i valori di chetonemia rimangono distantissimi da quelli patologici rendendo di fatto questa terapia estremamente sicura come ormai noto ed evidente in letteratura.
La chetosi nutrizionale può essere, a sua vota, distinta in più terapie, discriminabili tra loro, in funzione dell’apporto calorico e della indicazione terapeutica.
Lo stato di chetosi può essere utile, ad esempio, in caso di epilessia farmacoresistente ed in alcune patologie neurologiche. In queste condizioni, non essendoci necessità di indurre chetosi per dimagrire, fermo restando l’assenza di carboidrati e la corretta quota proteica, l’alimentazione del paziente risulterà particolarmente ricca di grassi e di conseguenza di apporto calorico. Normalmente, questo tipo di dietoterapia, è contraddistinto da una durata medio-lunga.
Esiste poi la forma più comune di chetosi nutrizionale, generalmente indicata con la sigla VLCKD, (l’acronimo inglese che, in questo caso, significa dieta chetogenica a basso apporto calorico) in cui, oltre ai carboidrati, vengono limitati quantitativamente anche i grassi. In questo caso, è indotto lo stato di chetosi per dimagrire. Questo tipo di chetosi nutrizionale è generalmente di durata limitata nel tempo e garantisce, se gestita correttamente, un effettivo dimagrimento.
La VLCKD
Il razionale di un protocollo VLCKD, semplificandolo al massimo per renderlo comprensibile anche ai non addetti ai lavori, consiste nel fornire pochissime calorie e, contestualmente, mantenere costante la massa magra attraverso la somministrazione di un quantitativo ben definito di proteine ed aminoacidi. Il gap calorico, tra le calorie necessarie e le calorie somministrate, viene compensato ”consumando” tessuto grasso di riserva, ossia dimagrendo.
Poiché, a conti fatti, questa particolare alimentazione viene ad essere costituita quasi esclusivamente da proteine, spesso la dieta chetogenica viene indicata come “dieta proteica” o, addirittura “iper proteica”.
In realtà, questo è uno de tanti “falsi miti” che aleggiano nel mondo delle diete chetogeniche. La chetosi infatti, si instaura in assenza di carboidrati e prescinde , in larga parte, dall’apporto proteico. Basti pensare che la forma più elementare di chetosi è il digiuno.
Parlando di quota proteica è doveroso affermare che la quantità di proteine da somministrare varia da soggetto a soggetto ed è funzione della massa magra esistente e del livello di attività fisica.
Purtroppo, se per quantificare l’apporto proteico si utilizzano parametri datati, e tutto sommato errati, come il peso ideale, si corre il rischio di scrivere una dieta ipo proteica, sottostimando le necessità. Ossia, ci si può trovare nella paradossale situazione in cui una dietoterapia normalmente definita dieta proteica, si trova, a conti fatti, ad essere ipo- proteica inducendo deperimento.
L’integrazione proteica
Una volta stabilito il corretto apporto di proteine, dovrà essere scelta la qualità dell’apporto proteico. Dovrebbero essere privilegiate le fonti più nobili, ed il pesce in particolare. Sovente, accanto a proteine di origine naturale, è possibile utilizzare degli integratori proteici.
Questi prodotti hanno il vantaggio di fornire proteine di qualità senza apportare grassi, e quindi calorie aggiuntive, a quelle fornite dalle sole proteine.
Non tutti gli integratori sono però uguali e la differenza risiede nella composizione aminoacidica e nella biodisponibilità, ossia la capacita’ del preparato di essere effettivamente disponibile.
I risultati di un protocollo chetogenico a basso apporto di calorie con utilizzo di integrazione sono ben evidenti nello studio: Very-low-calorie ketogenic diet with aminoacid supplement versus very low restricted-calorie diet for preserving muscle mass during weight loss: a pilot double-blind study di Merra et All. Gli autori evidenziano come l’utilizzo di un corretto apporto proteico, in termini qualitativi e quantitativi, sia stato in grado di preservare la massa magra dei partecipanti a fronte di una importante perdita di peso.
Concludendo possiamo affermare che una chetosi nutrizionale, a basso contenuto di calorie risulta essere, ad oggi, una opzione terapeutica sicura, efficace e veloce di chetosi per dimagrire. Per massimizzare gli effetti però è consigliabile affidarsi ad un professionista esperto di chetosi. Un vero esperto infatti saprà valutare lo stato nutrizionale del paziente anche avvalendosi di idonea strumentazione. Saprà scegliere la fonte migliore di proteine dagli alimenti e gli integratori effettivamente efficaci. Saprà accompagnare il paziente durante il percorso monitorando lo stato di chetosi nutrizionale attraverso particolari test minimizzando gli eventuali effetti collaterali. Soprattutto saprà gestire la fase della reintroduzione dei carboidrati scongiurando picchi insulinemici e consentendo al paziente di ottenere il massimo risultato in piena salute.