Migliorare lo stato nutrizionale dei pazienti affetti da COVID-19 può rappresentare una opzione terapeutica per migliorare la risposta all’infezione.
Di Marco Marchetti
Ricercatore Università Roma Tor Vergata
L’infezione da COVID-19 è stata, ormai da giorni, definita come pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed impatta in modo rilevante sulla vita di tutti gli abitanti del pianeta.
L’origine, il decorso e le potenziali cure di questa infezione sono tutt’ora oggetto di studi e le osservazioni che si susseguono aggiornano costantemente i dati ed i punti di vista sui potenziali interventi che le autorità sanitarie mondiali possono decidere di mettere in atto.
In questo quadro di estrema incertezza, accanto alla fondamentale raccomandazione di osservare le misure di distanziamento sociale allo scopo di limitare il contagio e quindi il diffondersi del virus, la prudenza impone massima cautela nell’avanzare ipotesi o suggerire comportamenti.
Possiamo fare però, almeno in ambito nutrizionale, alcune considerazioni.
Come sappiamo dai dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, questo virus, in Italia, sta mostrando una letalità maggiore in pazienti di età più avanzata ed affetti da altre concomitanti patologie. D’altra parte, numerosi studi rivelano che in media il 45% della popolazione ricoverata risulta malnutrito e la malnutrizione, specialmente proteica, determina una peggiore performance dei pazienti nei confronti di qualsiasi patologia.
I pazienti anziani, più fragili di fronte all’infezione da COVID-19, sono spesso già di per se’ malnutriti e sovente convivono con uno stato di sarcopenia.
La sarcopenia, ossia la perdita di massa muscolare accompagnata da un deficit di forza e\o prestazione, peggiora tra l’altro la funzione respiratoria esponendo maggiormente il paziente alle conseguenze più gravi dovute al contagio da COVID-19.
L’allettamento ed il conseguente stato di immobilità non fanno che peggiorare la composizione corporea del paziente andando, a loro volta, a peggiorare lo stato di fragilità preesistente.
Migliorare, quindi, la composizione corporea di pazienti anziani affetti da Covid-19 appare una valida opzione terapeutico-nutrizionale.
Da questo punto di vista sarebbe fondamentale implementare, in particolare modo, la componente muscolare del soggetto attraverso un corretto e calibrato introito proteico unito, ove possibile, ad una adeguata attività motoria.
Accanto ad una valutazione del comparto proteico, devono essere valutati con cura anche tutti gli introiti degli altri macro e micronutrienti.
A questo proposito, uno studio di recente pubblicazione: Potential interventions for novel coronavirus in China: A systematic review (Zhang l e Liu Y.) suggerisce, tra i potenziali trattamenti, anche un approccio nutrizionale.
Gli autori della review, alla luce di evidenze presenti in letteratura, consigliano, in caso di infezione da COVID-19, di valutare ed eventualmente implementare gli apporti di Vitamina A, Vitamine del gruppo B, Vitamina C, Vitamina D, Vitamina E, Acidi grassi polinsaturi della serie Omega 3, Selenio, Zinco e Ferro. Logicamente ogni introito deve essere calibrato in funzione dello stato generale del soggetto e della sua composizione corporea.
Giova ricordare che la valutazione dello stato nutrizionale, ed il conseguente implemento di intake, deve essere effettuata per i pazienti più gravi ed allettati da personale qualificato ed esperto in ambito di nutrizione artificiale.
Accanto ad una valutazione ad hoc per i pazienti affetti da Covid-19 sarebbe comunque opportuno che tutti gli accessi ospedalieri venissero valutati dal punto di vista nutrizionale da personale specializzato in modo tale da garantire una dietoterapia adatta e personalizzata che conduca ad una migliore composizione corporea ed in definitiva ad una migliore risposta alla patologia.
Potential interventions for novel coronavirus in China: A systematic review (Zhang l e Liu Y.)